Analogamente al maestro d’ascia, questo artigiano specializzato, lavorava all’interno della darsena dell’arsenale del porto di Livorno, durante le fasi terminali della costruzione di un vascello, quando appunto se ne doveva rendere impermeabile lo scafo.
si adoprava nel rendere impermeabile il fasciame delle imbarcazioni.
Dal latino “calefacere” il maestro di calafatare era colui che insieme agli aiutanti “calafatino o peciaio” scaldava, intoppava, impeciava e spalmava di pece il tavolato della chiglia dei bastimenti. Ciò avveniva spesso, cioè ogni volta che il naviglio “disarmava” o si apprestava a riprendere il mare.
Sottostava alle stesse regole del 1723 come i maestri d’ascia; alcuni erano al servizio dell’Arsenale Mediceo e dei Cavalieri di Santo Stefano, altri liberi di lavorare per la marineria mercantile.
In navigazione ed in caso di combattimento operava “sotto coperta” rapidamente ed in modo efficace per riparare le falle, le chiudeva con stoppacci, uova di struzzo essiccate, lastre di piombo e tutto ciò che poteva essere utile e disponibile.
Portava un grembiulone pesante o di cuoio e nella sua cassetta non doveva mancare la stoppa, gli scalpelli, il mazzuolo ed il “bigoncio” con la pece