CORDAIO O FUNAIOLO

La sua attività consisteva nella produzione di corde, cavi, funi e
gomene (agemine o agumine). In una città di mare come Livorno non potevano mancare i produttori di “sartiame”, ovvero tutte quelle funi, cime, corde ecc. di varie misure e diametri utilizzate per “armare” le navi.

Nel 1583 un filatore di canapa chiese di poter continuare a ritorcere le sue funi nella strada dei forni della biscotteria così come faceva ormai da 4 anni, ma ricevette un netto diniego in quanto questa attività impegnava lunghi spazi liberi per essere eseguita e quindi intralciava
la pubblica via.
Da allora questo mestiere venne eseguito per lo più sulle “andane” ossia sugli scali lungo il Fosso Reale e sopra la muraglia fra i bastioni S. Cosimo e del Casone, estendendo in seguito l’attività anche alla “falsa braca” sotto il bastione del Mulino a vento.

A fine ‘700 le fabbriche di cordame in Livorno erano quattro.
A tutela della produzione locale che serviva anche l’arsenale delle galee granducali, vennero emesse delle gabelle d’ingresso penalizzanti i prodotti esteri. Le funi prodotte a Livorno erano di canapa o lino, di crino o di solo pelo, di crino e pelo insieme e potevano essere nude o ricoperte di catrame che le preservava dall’acqua di mare.

L’abbigliamento del funaiolo era quello del popolano con grembiule e cappello o berretto, un canapo a tracolla, con estremità sciolta, “bietta in legno” e canapa sfilacciata.