LAVANDAIA

Lavavano panni e indumenti per conto terzi.

Nella città di Livorno esistevano dei pubblici lavatoi lungo il fosso che fiancheggia la Fortezza Nuova detti “lavatoi vecchi” nel tratto del viale Avvalorati tra gli attuali Municipio e via della Madonna, quest’area era chiamata “dietro il palazzo Granducale”. I lavatoi furono interrati negli anni ’60, erano sotto il piano stradale al livello del Fosso per lo sgrondo delle acque reflue ed alimentati da una fonte vicina detta “il maglio” e da un’altra in luogo detto “il campo del patibolo”.

L’acqua era canalizzata da ambedue le polle, ma in estate, quando il livello si abbassava sensibilmente, dalla prima polla occorreva sollevarla con le “trombe”. La solita canalizzazione portava acqua in città, prima al pozzo fuori Porta S. Marco (via Borra) e in alcune altre fonti, in più serviva le cucine del palazzo di Sua Altezza.

Altri lavatoi pubblici erano anche a Montenero, la cui fonte venne restaurata a cura dell’Arcivescovo di Pisa Mons. Francesco d’Elci nel 1694. Al tempo erano noti i nomi di alcune lavandaie livornesi, correva l’anno 1641 ve le presento : la Bastiana, la Caterina, la Franca ed anche uomini come mastro Giovanni e il brav’Antonio.

Si vestivano con grembiuli e pezzuole o cappellacci, la cesta per i panni, scaglie di sapone e tavoletta per battere i panni.