Andrea Sgarallino (Livorno, 26 ottobre 1819 – Livorno, 6 marzo 1887) Jacopo Sgarallino (Livorno, 9 giugno 1823 – 26 dicembre 1879), e Pasquale Sgarallino (Livorno, 3 marzo 1834 – 22 ottobre 1912) sono stati patrioti italiani.
Andrea, il minore, s’iscrisse il 26 ottobre 1819 alla Giovine Italia di Mazzini e durante il 1848 prese parte alla campagna di Lombardia con il corpo di spedizione dei volontari della Toscana. A Montanara lo insignirono della medaglia al valor militare per aver recuperato, con atto spregiudicato, la bandiera del battaglione caduta in mano austriaca.
Nel 1849 divenne capitano del battaglione “Giovanni delle Bande Nere”, ed in seguito comandante dei “Bersaglieri della morte”, che combatterono strenuamente durante la difesa di Livorno del maggio 1849.
Costretto ad emigrare per sfuggire alla cattura, lavorò prima come marinaio, riparando poi in America del nord. Qui prese parte alla grande corsa all’oro e con il ricavato dette il proprio contributo all’epopea garibaldina. Anche Andrea, come Francesco Domenico Guerrazzi nel 1853, fu processato e condannato in contumaia a 15 anni di lavori forzati.
Nel 1859 tornò in Italia al fianco di Giuseppe Garibaldi e nel 60 fu tra i più attivi organizzatori della spedizione dei “mille”. Catturato a Talamone e rispedito a Livorno per essere processato, riuscì ad evadere ed a raggiungere in Sicilia le “camicie rosse” di Garibaldi, partecipando in tutte le campagne per l’unificazione dell’Italia con il grado di colonnello. Durante la sua carriera militare, nella terza guerra d’indipendenza del 1886, ricoprì l’incarico di comandante della nave cannoniera “Torrione”, in missione sul lago di Garda.
Dopo l’unità Garibaldi gli propose di candidarsi in Parlamento, ma lui preferì rifiutare e tornare al vecchio mestiere di navicellaio. Morì a Livorno il 6 marzo 1887.
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Jacopo Sgarallino fu insieme al fratello Andrea nel battaglione “Giovanni delle Bande Nere” ed insieme a lui partecipò anche alla difesa di Livorno del 49.
Fuggito per evitare l’arresto, nel 54/55 prese parte alla campagna di Crimea con il contingente italiano.
Al ritorno, con la divisa di Cacciatore delle alpi, prese parte alla campagna di Lombardia, quindi dal 1860 in Romagna, per poi seguire Garibaldi nella spedizione dei “mille” con il grado di maggiore. Lasciò il porto labronico il 1º di maggio a capo del piroscafo Etruria per recarsi a Genova e quindi a Quarto, dove si imbarcò con il grosso del contingente sul Lombardo, il cui comandante era Nino Bixio. Sbarcò a Marsala e seppe farsi onore nel corso della spedizione, ricevendo una medaglia al valore militare per la battaglia del Volturno.
Dopo una parentesi in Polonia ad armare gli insorti contro l’oppressione, si ritrovò con il fratello Andrea sul lago di Garda, al comando della nave cannoniera “Castenedolo”.
Dopo l’Unità d’Italia, il fervore rivoluzionario lo portò a combattere ancora in varie zone d’Italia e del mondo, ma le cronache livornesi lo ricordano anche per il suo coinvolgimento nel processo Crenneville. Folliot de Crenneville era un generale di origine francese passato al servizio dell’Austria, nel 1849 nominato governatore di Livorno. Durante lo stato d’assedio a cui allora fu sottoposta la città, si era distinto per la ferocia con cui aveva esercitato le sue funzioni. I livornesi non lo dimenticarono e quando, nel 1869, tornò in città per imbarcarsi sul piroscafo Sardegna, trovò alcuni uomini ad aspettarlo nei pressi dei Quattro Mori. Si racconta che i livornesi infilarono del peperoncino nel deretano del cavallo del generale per farlo imbizzarrire. La strategia si rivelò efficace: De Crenneville cadde a terra e fu raggiunto da un colpo di pugnale al volto. Vi fu un processo e Jacopo venne condannato e imprigionato: Garibaldi in persona scrisse una lettera chiedendo che lo Sgarallino fosse liberato e si offrì di scontare la pena al posto suo. Per fortuna, il processo si concluse con l’assoluzione per tutti gli imputati.
Morì a Livorno il 26 dicembre 1879.
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Poche e frammentarie sono le notizie circa il terzo fratello, Pasquale. Minore dei tre, partecipò alla spedizione dei “mille” ed ebbe sicuramente un ruolo organizzativo in alcune missioni e operazioni per rifornire i volontari che combattevano in Italia e in altre parti del mondo.