ANGELICA PALLI

Busto nella sala del consiglio comunale di Livorno

Angelica Palli (Livorno, 22 novembre 1798 – Livorno, 6 marzo 1875) è stata una scrittrice e patriota italiana.

Primogenita di quattro fratelli, nacque da Panajotti, che praticava con successo l’attività commerciale, e da Dorotea Di Giorgio, entrambi di origine greca.

Educata in casa, fin da piccola rivelò precoce versatilità poetica come compositrice e improvvisatrice, divenendo presto membro dell’Accademia Labronica con il nome di Zelmira. Dai primi anni Venti la dimora paterna, in seguito alla guerra per l’indipendenza della Grecia, si tramutò in un centro di filellenismo, dove Angelica non si limitava a intrattenere gli ospiti con la conversazione colta, ma, a sua volta, sosteneva appassionatamente la causa greca. Fu in questa veste che instaurò rapporti con Vieusseux e l’ambiente dell’Antologia: le cronache tramandano una sua esibizione come improvvisatrice, la sera del 3 maggio 1824, a palazzo Buondelmonti, dove non erano usualmente ammesse le donne.

Verso la fine degli anni Venti Angelica si innamorò di Giovan Paolo Bartolomei, appartenente a una ricchissima famiglia di mercanti trasferitasi a Livorno dalla Corsica, politicamente orientato verso il mazzinianesimo. I genitori di lui erano fermamente contrari al fidanzamento, avendo il giovane 19 anni ed essendo lei più anziana di 13, di religione ortodossa e di famiglia socialmente inferiore: i due, tuttavia, con un gesto clamoroso, decisero di fuggire, recandosi dapprima a Roma e poi a Corfù, dove si sposarono con rito cattolico nell’agosto 1831 e dove in novembre nacque il figlio Luciano.

Rientrata col marito in Toscana nel 1832, Angelica visse a contatto con gli ambienti democratici di Livorno: il fratello Giovanni era affiliato alla setta di ispirazione buonarottiana dei Veri Italiani, l’altro fratello, Michele, e Bartolomei aderivano entrambi alla Giovane Italia, mentre Angelica stessa era amica assidua di Francesco Domenico Guerrazzi che nell’edizione Mannini del 1845, le dedicò la sua Battaglia di Benevento. Tuttavia, già a partire dai primi anni Quaranta, le posizioni politiche dei coniugi Bartolomei si distaccarono dal mazzinianesimo e dall’avvicinamento al liberalismo moderato scaturì una decisa rottura, anche personale, con Guerrazzi.

Alla guerra del 1848 la famiglia Bartolomei partecipò al gran completo, armando a proprie spese un battaglione di volontari, mentre Giovan Paolo con Michele palli e il giovanissimo Luciano partirono per la Lombardia. Angelica dopo poche settimane volle raggiungere i luoghi delle battaglie, per stare vicino ai propri cari ma anche per seguire da vicino i fatti: le sue riflessioni critiche sugli avvenimenti, presenti anche nelle lettere indirizzate a Bettino Ricasoli, si trasformarono in articoli per i giornali come L’Italia, stampato a Pisa, Il cittadino Italiano, livornese, e, soprattutto La Patria, pubblicato a Firenze.

In seguito alla sconfitta piemontese, i coniugi Bartolomei tornarono a Livorno, stabilendosi però in campagna, nella tenuta di Limone, alle prese con una difficile situazione finanziaria dovuta all’impegno economico profuso in guerra e, soprattutto, a una serie di investimenti sbagliati. Intanto gli avvenimenti tra l’agosto del 1848 e il maggio del 1849, che portarono al triumvirato della Toscana di Guerrazzi e alla successiva occupazione da parte degli austriaci, colpirono molto la sensibilità politica di Angelica, tanto da farle auspicare un ritorno del granduca Leopoldo II, se pure in un alveo costituzionale, come si legge in un’appassionata lettera inedita da lei scritta e indirizzata al granduca stesso.

Morto il marito nel 1853, Angelica si trasferì a Torino per seguire l’istruzione del figlio Luciano ch’era stato ammesso alla scuola militare. Anche il periodo torinese fu caratterizzato dall’apertura di un salotto, punto di incontro, come altri ritrovi mondani nella città sabauda, per i tanti esuli e intellettuali attratti nel Piemonte dello Statuto.

Tornata definitivamente a Livorno, diede vita nel 1858 a un settimanale di lettere, scienze ed arti, Il Romito, di cui assunse la direzione. Molto chiaro l’impegno politico del giornale, che, pubblicato dal 1° gennaio 1859 al 27 luglio 1861, si pronunciò nettamente a sostegno del progetto cavouriano e della monarchia sabauda, in una prospettiva di unificazione nazionale.

Nell’ultimo periodo della sua vita, coltivò interessi pedagogici, tentando, se pur senza riuscirci, di aprire a Livorno una scuola femminile secondaria per la formazione delle future insegnanti.

Morì nel marzo 1875 e fu sepolta nel cimitero greco-ortodosso di Livorno.