Dal libro di Claudio De Simoni “Tra mura salmastre di mattoni rossi”, integrato da alcune note finali.
Antonio nacque a Livorno il 30 marzo 1890, il padre Ugo, impresario teatrale e la madre Emma Oneto che morì dandolo alla luce.
I medici, lo credettero inizialmente morto con la mamma, finché il dottore non si accorse che debolmente, ma stava respirando.
Visse l’infanzia con la matrigna, Ida Nobili, soprano di professione, tra l’altro fu la prima interprete di “Lola” nella sublime “Cavalleria Rusticana” del Mascagni.
Un giorno del 1906 de Livorno… per l’esattezza dal teatro Avvalorati, si trovò a passare per esibirsi con il suo spettacolo di illusionismo un prestigiatore col nome d’arte “Watry”. Il giovane Antonio era poco più di un ragazzotto, ma già grande appassionato al mondo del mistero.
Vide tutti gli spettacoli del “mago” e ne restò totalmente coinvolto e trasportatpo, tanto da convincersi che quella era la strada tracciata per lui dal destino. Il mago Watry, dopo le molte insistenze del giovane decise di tenerlo con sé e farne il suo allievo.
Fu così che col tempo, di spettacolo in spettacolo, di città in città, lavorando sodo “dietro le quinte”, studiando ed esercitandosi sotto la guida e l’insegnamento del maestro, ben presto Antonio riuscì ad imparare il mestiere. E quando il mago appese la tuba e guanti bianche al chiodo, per raggiunti limiti di età, Antonio ne raccolse gli strumenti, le scenografie ma sorpratutto l’eredità d’illusionista. Quindi decise di cambiare il proprio nome in Toni Wetryk e lanciarsi nella mischia.
Al primo impatto rivelò un’immagine simpatica, di grande personalità, raffinatezza ed un savoir faire unici per quel genere di spettacoli, ma la cosa che da subito fece breccia nel gradimento del pubblico fu il fatto che wetryk non parlò mai di magia ma di lavoro, ricerca, perseveranza e amore per la sua arte, fatto più unico che raro tra i “maghi” del tempo. Ma soprattutto le grandi innate capacità gli consentirono di creare giochi di prestidigitazione di sempre più grande effetto. Giunse il successo e le grandi tourné in Italia Spagna, Sudamerica. La sua fama e bravura fu paragonata a quella del mitico Houdini.
Dal 1910 al 1930 i più grandi teatri del mondo goderono del suo vertiginoso spettacolo, con il quale si esibì, anche davanti alle più prestigiose teste coronate dell’epoca.
Si sposò nel 1927 e dal matrimonio nacque la figlia Liliana. Antonio prese anche parte alle riprese del film “Waterloo”, gli fu complice la passione e capacità nel gioco degli scacchi. Una scena del film prevedeva che napoleone si cimentasse in una partita sulla scacchiera, in quell’occasione le mani del protagonista furono sostituite dalle sue.
Di lì a poco prese la decisione di interrompere l’attività, per dedicarsi totalmente alla famiglia. Nel 1932 abitò di fronte all’accademia Navale, subito dopo “Barriera Margherita” in una palazzina in stile liberty, la seconda a fare angolo col viale Nazario Sauro,: è ben riconoscibile per il color nocciola e mattone e poi perché le palazzine sono due perfettamente uguali e poste a specchio. Se ne avrete voglia, e vi ricorderete, date uno sguardo al muro esterno della prima, sul lato Sud proprio sotto il torrino, è ancora ben visibile la sua firma incisa sulla malta “Wetryk”. Mentre sul torrino di fronte si ammira un’immagine della Madonna di Montenero, non potete sbagliarvi.
Poi come spesso accade nel 1935 la febbre da palcoscenico lo riconquistò, ancora forte in lui la voglia di misurarsi con altre esaltanti esperienze, e raggiungere nuovi traguardi. Ricominciò a studiare, ad allenarsi per un importante ritorno sul palcoscenico, purtroppo una breve quanto grave malattia, ne decretò la morte il 22 aprile 1936.
Un giorno del 1943, in una Livorno semidistrutta dagli eventi bellici e occupata dalle truppe naziste, giunse da Alessandria tale Melchiorre Zatelli, di Alessandria, in arte Mago Armandis. Non certo una stella, un divo, ma un modesto prestigiatore, che fino ad allora aveva sbarcato il lunario in teatrini e fiere di paese.
Quel giorno bussò alla porta di casa di Liliana Pastacaldi riuscendo a convincerla a cedergli i numerosi materiali, per la somma di 10.000 £ impegnandosi però a non usare mai il nome del mago livornese. Ma si sa, erano tempi duri, ed Armandis si appropriò interamente di quel famoso nome cercando così di lanciarsi in un mondo che non fu mai il suo. Con la sua partner Lilian Florian egli creò uno spettacolo ad alto livello artistico e coreografico. Gli scenari spaziavano da ambienti settecenteschi, a cinesi, a egiziani, e per finire con la gran festa delle nazioni in una sfolgorante cornice di bandiere. Si presentò al pubblico, che credette per un istante al grande ritorno, ma i suoi giochi di magia non produssero gli effetti sperati.
Mancavano di classe, anima, genialità, risultando, “numeri” poco più che mediocri, e le platee deluse come solitamente accede, presto dimenticarono il nome Wetryk.
Zatelli si ritirò dalle scene nel 1955 e morì nella sua casa di Alessandria in un incendio, dove fra l’altro bruciarono anche tutte le attrezzature del grande Wetryk.