Enrico Mayer (Livorno, 3 maggio 1802 – Livorno, 29 maggio 1877) è stato un pedagogista e scrittore italiano, di origine franco-tedesca.
La famiglia Mayer, di religione evangelica e originaria di Augusta, in Baviera, dove gestiva un’attività commerciale in società con la ditta Rauner, si era stabilita a Livorno nel 1778.
Ricevuta la prima educazione dal padre e da insegnanti privati, dal 1813 frequentò le scuole dei barnabiti, proseguendo gli studi presso le scuole di S. Bastiano. Poiché, a causa della sua fede protestante, gli era preclusa l’iscrizione ai corsi dell’Università di Pisa, continuò la propria formazione in modo episodico ascoltando le lezioni di tema giuridico di E. Guerrieri, quelle matematiche di G. Doveri e quelle di astronomia di F.X. von Zach.
Nell’aprile del 1820 assunse per tre anni l’incarico di istitutore della figlia di G. Webb, di cui fu anche segretario per gli affari commerciali. Nel novembre dello stesso anno pubblicò a proprie spese e in forma anonima il Ragionamento sopra il Tieste, tragedia di Angelica Palli (ibid.), che conobbe nel gennaio successivo. Attraverso Webb entrò poi in contatto con G.G. Byron, per il quale tradusse alcune lettere speditegli da W. Goethe e con cui condivise la passione per la causa dell’indipendenza della Grecia.
Tra il 1822 e il 1823, grazie a una discreta notorietà acquisita negli ambienti scientifici toscani, fu nominato membro dell’Accademia Labronica di Livorno, socio dell’Accademia dei Tegei di Siena e socio corrispondente della Società di mutuo insegnamento di Firenze. Ancora nel 1823 portò a termine la tragedia Il Dione che inviò a C. Lucchesini e G.B. Niccolini, con cui strinse un’intensa amicizia. Nello stesso periodo ebbe l’incarico di precettore del secondo figlio del duca Guglielmo di Württemberg. Nel contempo il M., che fu sempre molto attento alla specifica natura commerciale della realtà labronica e delle sue molteplici componenti religiose e sociali, si adoperava per realizzare anche a Livorno un istituto dove fosse praticato il metodo del mutuo insegnamento, ma allora non riuscì nel suo intento.
Nell’aprile del 1823, al seguito del duca del Württemberg, lasciò Livorno per trasferirsi a Stoccarda dove rimase fino all’estate del 1826, approfittandone per frequentare le principali città tedesche e studiare in maniera approfondita la letteratura germanica. Durante tale permanenza Vieusseux gli chiese in più occasioni contributi che avessero a oggetto appunto tematiche legate alla Germania.
Nella tarda primavera del 1828, in seguito alla morte del padre, avvenuta nel dicembre 1827, tornò a Livorno passando per Milano, dove, accompagnato da T. Grossi, conobbe A. Manzoni, e proprio alla seconda edizione dei Promessi sposi, fresca ancora di stampa, riservò la prima recensione nell’Antologia dopo il rientro in Toscana.
Nell’ottobre del 1834, dopo qualche mese trascorso a Lari, nei pressi di Pisa, il M. accettò l’ufficio di precettore del figlio di Girolamo Bonaparte, appena trasferitosi a Livorno; tuttavia, spaventati dal diffondersi di un’epidemia di colera, la famiglia Bonaparte e il M. lasciarono precipitosamente la città nell’agosto del 1835. Recatosi in Svizzera, dove seguì il suo giovane allievo nell’Istituto di Champel, vi restò fino al gennaio 1836, allorché decise di ritornare nel Granducato. Tale decisione incontrò notevoli ostacoli: le sempre più strette relazioni del M. con gli ambienti democratici francesi e con lo stesso Mazzini, in gran parte coltivate in forma epistolare, nonché il fatto di provenire da una destinazione divenuta pericolosa come la Svizzera, accrescevano infatti i sospetti nei suoi confronti. Il rientro in Toscana fu possibile soltanto sul finire del febbraio 1836.
Nel 1837, mentre collaborava alla rivista mazziniana L’Italiano, pubblicò a Firenze e sotto la direzione di Vieusseux un libretto di letture popolari titolato Il Salvadenaro che avrebbe dovuto spiegare i benefici del risparmio e le opportunità garantite dalle nuove Casse di risparmio. L’opera che inizialmente circolò con molte difficoltà divenne negli anni seguenti un testo molto letto, venduto in qualche migliaio di esemplari.
Nel giugno 1840, durante un suo breve soggiorno a Roma, decise di arrestarlo e tradurlo in carcere a Castel Sant’Angelo, trattenendovelo fino ad agosto. Rientrato a Firenze e ancora colpito da misure restrittive, iniziò a collaborare con G.A. Franceschi alla riforma delle scuole leopoldine, ma nell’aprile del 1842 lasciò l’Italia per avviare un soggiorno in vari Stati della Germania, da cui tornò all’inizio del 1843. Dopo pochi mesi trascorsi a Livorno, si diresse nuovamente a Parigi e a Londra per restare più a lungo in Irlanda.
Nel gennaio 1845 si sposò con la ginevrina Vittoria Romieux con cui un anno dopo si stabilì a Fiesole.
Gli anni Cinquanta trascorsero per il M. senza troppe scosse e sul piano politico si rinsaldò in lui il convincimento che l’unica strada per attuare il processo di unificazione passasse attraverso un’intesa fra la monarchia sabauda e la Francia di Napoleone III. Nella primavera del 1860 ricevette l’offerta di candidarsi alla Camera per il collegio di Livorno ma preferì declinarla.
Nel 1874 si trasferì nuovamente a Livorno, dove morì il 29 maggio 1877.