FEDERIGO ENRIQUES

Federigo Enriques (Livorno, 5 gennaio 1871 – Roma, 14 giugno 1946) è stato un matematico, storico della scienza e filosofo italiano.

Nato in una famiglia di ebrei italiani di origine portoghese, nel 1882 si trasferì a Pisa. Già qui manifestò la sua attrazione per la matematica: come ebbe più tardi a sottolineare, questa attrazione non fu causata da una propensione per questioni di ordine tecnico, quanto provocata da “un’infezione filosofica liceale”. Segui gli studi di matematiche presso l’università e poi la Scuola normale superiore di Pisa, dove ebbe come maestri grandi matematici come E. Betti, U. Dini, L. Bianchi, V. Volterra e R. De Paolis.

Laureatori brillantemente in matematica nel 1891, svolse quindi un anno di perfezionamento alla Scuola Normale di Pisa e uno all’Università di Roma, dove ebbe modo di incontrare e collaborare col matematico Guido Castelnuovo, che poi divenne marito di sua sorella Elbina. Iniziò inoltre a collaborare con i matematici Luigi Cremona, Corrado Segre e Ugo Amaldi. 

Nel 1894 si trasferì all’Università di Bologna, dove insegnò geometria proiettiva e descrittiva, assumendone la titolarità di cattedra a partire dal 1896. A Bologna sposò Luisa Miranda Coen, figlia di Achille, professore di storia presso l’università di Firenze, e trascorse in quella città ventotto anni, fino al 1922. In questo periodo, che fu il più felice e fertile della sua vita, si concentrano i suoi contributi più elevati ed importanti sia sul terreno matematico che filosofico. Durante la permanenza a Bologna fu presidente della Società filosofica italiana dal 1907 al 1913 e in tale veste organizzò e presiedette il IV congresso internazionale di filosofia che si tenne in quella città nel 1911. Dal 1913 al 1915 fu presidente dell’Associazione nazionale tra i professori universitari e formulò un progetto per la riforma dell’università italiana. Fu collaboratore dell’Enciclopedia Italiana, in qualità di direttore della sezione di matematica.

All’inizio del 1922 accettò l’offerta di ricoprire la cattedra di matematiche superiori dell’università di Roma e poi la cattedra di geometria superiore. Nell’ambiente universitario di Roma, più vasto e meno raccolto, non ritrovò la stessa facilità a stabilire quegli scambi diretti di idee e quei contatti interdisciplinari che erano cosi consoni al suo carattere ed alla sua mentalità scientifico-filosofica. Tuttavia, anche a Roma egli lasciò importanti tracce della sua multiforme e instancabile attività, in particolare nella fondazione dell’Istituto nazionale per la storia delle scienze presso l’università di Roma, di cui fu presidente e nell’ambito delle cui attività organizzò una Scuola di storia delle scienze.

Dal 1938 al 1944 fu sospeso dall’insegnamento per le leggi razziali antiebraiche. Negli anni della segregazione, insegnò a Roma nella scuola ebraica clandestina, fondata dal cognato Guido Castelnuovo, per i giovani ebrei estromessi dalle università italiane, riuscendo altresì a pubblicare alcuni articoli in forma anonima sul Periodico delle Matematiche (di cui era stato direttore). Nel 1944 gli fu restituita la cattedra universitaria, tuttavia era ormai stanco e sofferente per un’affezione cardiaca.

Mori il 14 giugno 1946 a Roma.