Francesco Domenico Guerrazzi (Livorno, 12 agosto 1804 – Cecina, 23 settembre 1873) è stato un politico e scrittore italiano.
Figlio di Francesco Donato, intagliatore in legno, e di Teresa Ramponi, nacque in un quartiere popolare della vecchia Livorno il 12 agosto 1804, proprio quando in città dilagava la febbre gialla.
A causa del suo stato di figlio non desiderato, crebbe aspro, vendicativo e attaccabrighe, infatti si ritrovò spesso in risse violente; culmine di tale disagio fu una lite con il padre che lo fece fuggire di casa. Fu allora che conobbe Carlo Bini con il quale instaurò fin dal principio una intensa amicizia nonostante la loro diversità.
Dopo essersi riconciliato con il padre, iniziò nel 1819 a studiare legge a Pisa, mentre nel 1821 conobbe George Gordon Byron anch’esso giunto a Pisa dove si era stabilito con la sua amante Teresa Gamba Ghiselli.
Allontanto dall’univertà nel 1822 per motivi politici, riuscì comunque a laurearsi due anni dopo e tornato a Livorno, aprì con T. Barghellini uno studio di avvocato, mentre contemporaneamente portava avanti una produzione letteraria. Acceso sostenitore degli ideali repubblicani, fondò sempre nel 1828 il giornale politico-letterario L’indicatore livornese, che diresse con Carlo Bini fino al 1830 e di cui uscirono 48 numeri; il giornale però, che si poneva nettamente in alternativa ai periodici moderati fu attaccato dai reazionari e soppresso nel 1830. Sempre in questi anni, la fama raggiunta come scrittore impegnato anche sul piano civile, gli procurò la nomina di accademico della Labronica, il maggior istituto culturale cittadino. Ebbe poco dopo l’audace idea di pronunciare un elogio a Cosimo Del Fante, ufficiale napoleonico morto nella campagna di Russia: tale discorso fece istruire un processo contro di lui e, oltre alle dimissioni dall’Accademia, venne ordinato che lo scrittore livornese fosse confinato per sei mesi a Montepulciano.
Il fallimento della “congiura del Colletta”, cioè quel confuso tentativo di spingere il Granduca Leopoldo II a concedere la costituzione, accrebbe in lui unsenso di sconforto, tanto che, ritornato a Livorno al termine del confino, pensò all’esilio e proprio per questo chiese al governatore di Livorno di concedergli il passaporto. Fu la diffusione coeva delle idee del Mazzini negli ambienti patriottici livornesi a spingerlo al ripensamento. Negli anni successivi proseguì con impegno e testardaggine ad inseguire gli ideali repubblicano, dando alle stampe numerose pubblicazioni, spesso sotto pseudonimo, guadagnandosi però da vivere grazie alla sua laurea in legge.
Eletto deputato nell’ottobre del 1848, fu poi ministro dell’Interno ed in questo ruolo cercò di fare pressione sul Granduca per far uscire di scena i moderati dal governo.
Dopo la sconfitta di Custoza ai danni di Carlo Alberto di Savoia, il granduca decise di affidare il governo a Giuseppe Montanelli e a Guerrazzi, attribuendo al primo la presidenza, al secondo gli Interni (27 ottobre). All’inizio del 1849 la situazione toscana subì l’influenza delle vicende romane, sulla spinta dei comitati dei circoli democratici che a Firenze chiedevano una legge per l’elezione di rappresentanti da inviare alla Costituente romana. Il ruolo di moderatore svolto da Guerrazzi non alleggerì la posizione di Leopoldo II, che il 30 gennaio lasciò Firenze per raggiungere a Gaeta Pio IX, essendosi rifiutato di firmare la legge sulla Costituente. Sotto la pressione dei democratici, a Firenze si elesse un governo provvisorio, formato dal Guerrazzi, Montanelli e dal pratese Mazzoni.
La sconfitta di Novara e l’abdicazione di Carlo Alberto resero sempre più difficile la situazione toscana, così il 27 marzo, mentre Montanelli era inviato a Parigi in missione diplomatica, Guerrazzi assunse la dittatura e la mantenne per quindici giorni, duranti i quali cercò di accordarsi con i moderati nel tentativo di richiamare il granduca ed evitare l’invasione austriaca. La sua azione di governo apparve però incerta e ambigua, se non contraddittoria; anche Mazzini cercò quindi di convincerlo alla proclamazione della repubblica e dell’unione della Toscana con Roma, ma Guerrazzi rimase della sua idea. Il 12 aprile 1849 scoppiò così una sommossa popolare e, quando le squadre dei livornesi su cui poggiava il suo potere a Firenze furono assalite e cacciate dalla città, il Municipio di Firenze, retto dai moderati, prese il potere in nome del granduca creando una commissione provvisoria di governo, la quale sciolse l’Assemblea convocata dal Guerrazzi che, ormai sopraffatto, fu nuovamente imprigionato con l’accusa di lesa maestà e, dopo una breve prigionia, esiliato in Corsica.
Fuggito dall’esilio corso nel 1856, raggiunse Genova, dove soggiornò fino al 1862. In seguito all’annessione del granducato al Regno d’Italia, fu eletto deputato nel collegio di Rocca San Casciano e più volte attaccò la politica del Cavour, specialmente sulla questione della cessione di Nizza e della Savoia alla Francia, badando bene, però, a non confondersi con l’opposizione antimonarchica.
Ritiratosi dalla politica poco anni dopo la morte di Cavour, visse gli ultimi anni della sua vita nella fattoria che possedeva nei pressi di Cecina, dove morì improvvisamente la sera del 23 settembre del 1873.