GIUSEPPE MICALI

Statua di Giuseppe Micali nel cortile del palazzo di giustizia di Livorno

Giuseppe Micali (Livorno, 19 marzo 1768 – Firenze, 27 marzo 1844) è stato un archeologo e storico italiano.

Allievo dei barnabiti, verso i diciotto anni cominciò l’attività mercantile ed effettuò viaggi d’affari in Italia (a Bologna, Napoli, Roma) e in Europa, in occasione dei quali conobbe Mozart a Vienna e Denina a Berlino; a Melchiorre Delfico, di cui divenne amico, procurò una collezione di monete della Magna Grecia. Tra la fine del 1793 e la fine del 1795 fu in corrispondenza con il poeta G. Fantoni, arcade con il nome di Labindo Arsinoetico, noto come l’«Orazio Flacco toscano», accademico apatista. Nel 1794 visitò le rovine di Paestum. Vicino agli ambienti del giacobinismo toscano, maturò presto un giudizio fortemente critico verso il Direttorio, che accusava di aver leso i principî rivoluzionari della sovranità, della libertà e dell’eguaglianza.

Nel gennaio del 1796 seguì a Parigi, previo permesso paterno, Francesco Raimondo Favi, nominato segretario della legazione toscana. «Incantato di quella immensa città», vi restò fino al 1799, collaborando alla Décade philosophique, per la quale scrisse l’articolo Peinture du Corrège nouvellement découverte. A Parigi si convinse che per lo sviluppo politico e culturale dell’Italia si dovesse studiare le civiltà precedenti ai Greci e ai Romani.

Nel 1810 Micali iniziò la pubblicazione de L’Italia avanti il dominio dei Romani assieme a un atlante con gli Antichi monumenti per servire all’opera intitolata L’Italia avanti il dominio dei Romani. In quest’opera Micali sviluppa il pensiero che prima della supremazia di Roma la penisola italiana fosse abitata da una pluralità di popoli autoctoni ma accomunati da una comune identità culturale. Queste popolazioni autoctone sarebbero poi state assoggettate ed eclissate dalla emergente civiltà romana. Questo lavoro gli valse, assieme ad altri, il premio dell’Accademia della Crusca per la prosa.

L’esaltazione del piccolo Stato contrapposto alla grande potenza fu dunque la chiave di lettura fondamentale di un’epoca, del presente più ancora che del passato, e se ne fece interprete con l’opera «eruditissima» preannunciata dal Denina nel 1809. Ormai inserito pienamente nella vita intellettuale fiorentina, ospite di rilievo del salotto di Louise Stolberg contessa d’Albany, nel 1810 pubblicò a Firenze i quattro tomi de L’Italia avanti il dominio dei Romani corredandoli di un atlante degli Antichi monumenti per servire all’opera intitolata L’Italia avanti il dominio dei Romani. Vi comparivano una carta geografica e sessanta tavole, raffiguranti monumenti già editi e una ventina di inediti. Nello stesso 1810 l’opera, il cui filo conduttore era l’esaltazione dell’identità repubblicana di piccoli Stati liberi contrapposti alla prepotenza di un grande Stato prevaricatore, ottenne su mandato dell’imperatore Napoleone Bonaparte il premio dell’Accademia della Crusca per la prosa.

Il 25 ott. 1820 sposò Lucrezia Riccomanni; ormai divenuto fiorentino, fu attivo collaboratore dell’Antologia di G.P. Vieusseux sin dalla fondazione. I rapporti con Livorno, in parte legati alla vita del fondaco lasciato dal padre, morto nel luglio del 1821, furono critici nei confronti della locale borghesia dei negozi, ma restarono saldi con l’ambiente intellettuale, specialmente incarnato in quegli anni dal salotto di Angelica Palli, cui facevano capo anche Carlo Bini, Francesco Domenico Guerrazzi, Enrico Mayer. Tra i suoi corrispondenti, personaggi come J.-J. Champollion Figeac, Stendhal, P. Giordani e tanti altri illustri intellettuali. 

Nel 1842 annunciò con entusiasmo da Roma a Vieusseux di aver trovato «copiose e importantissime aggiunte alla mia nuova opera». Si riferiva a una seconda edizione della Storia degli antichi popoli italiani che intendeva arricchire di fonti ulteriori e la cui uscita pubblicizzò nel 1843 con un manifesto che la definiva accresciuta per un quarto nel testo, con un atlante rinnovato e con un ulteriore volume di illustrazione storica e archeologica dei monumenti rappresentati. Tale edizione non vide mai la luce, forse a causa della morte avvenuta a Firenze il 27 marzo 1844.