Leopoldo II Giovanni Giuseppe Francesco Ferdinando Carlo d’Asburgo-Lorena (Firenze, 3 ottobre 1797 – Roma, 29 gennaio 1870) è stato il penultimo granduca di Toscana e l’ultimo granduca regnante, figlio secondogenito del granduca Ferdinando III di Toscana e di Luisa Maria Amalia di Borbone-Napoli.
Nel maggio 1799, invasa la Toscana dai Francesi, seguì il padre in esilio dapprima a Vienna, poi, nel 1803, a Salisburgo, dove Ferdinando venne insediato come primo sovrano secolare dell’ex arcivescovado. Nel marzo 1805, costretta ad abbandonare anche Salisburgo per la nuova guerra fra l’Austria e la Francia, la famiglia granducale si trasferì a Würzburg, dove si stabilì nell’antica residenza vescovile. Qui L. seguì i corsi impartitigli da istitutori tedeschi e italiani, mostrando una certa predilezione per le materie letterarie.
Tornato a Firenze con la restaurazione del 1814, fu bene accolto dai sudditi anche per la politica del padre, che non effettuò epurazioni o vendette verso coloro che avevano collaborato col governo francese. Il giovane erede al trono si fece amare dai toscani anche per il carattere mite, tanto che fu simpaticamente soprannominato “Broncio” a causa del labbro inferiore leggermente sporgente e “Canapone” per il colore sbiadito dei suoi capelli biondi.
Nel 1817 sposò Maria Anna Carolina di Sassonia, alla quale fu particolarmente legato e dalla quale ebbe tre figlie.
Salito al trono il 18 giugno 1824, Leopoldo II mantenne immutata la struttura istituzionale e amministrativa del Granducato, tesa a garantire la pace esterna e un certo clima di tolleranza all’interno, che trovò conferma anche nella presenza in Toscana di non pochi esuli, fuggiti dagli altri Stati italiani dopo i moti del 1821. La mitezza del governo è dimostrata anche dal fatto che alcuni scrittori e intellettuali toscani come Francesco Domenico Guerrazzi, Giovan Pietro Vieusseux e Giuseppe Giusti, che in altri stati italiani avrebbero sicuramente passato dei guai, poterono operare in relativa tranquillità.
Il rapporto fra sovrano e sudditi si concretizzò poi nella realizzazione di graduali riforme economiche e amministrative, che non mettevano in discussione l’ordine costituito e miravano a ottenere il consenso dei ceti subalterni. Esse ebbero una forte impronta accentratrice e produssero una indubbia razionalizzazione della struttura statale e un miglioramento della sua efficienza. In un piano organizzato di opere pubbliche, continuò l’opera di bonifica della maremma, studò l’ampliamento del porto di Livorno, la costruzione di nuove strade, un primo sviluppo delle attività turistiche (allora chiamate “industria del forestiero“) e lo sfruttamento delle miniere del granducato.
Data la tranquilla situazione interna, i moti del 1831, che sconvolsero i due ducati emiliani e le legazioni dello Stato Pontificio, non ebbero seguito in Toscana, nonostante che qualche patriota cercasse di suscitarne.
Nel 1832 morì la granduchessa Maria Anna Carolina, lasciando nello sconforto il granduca che, per assicurare la successione, si risposò l’anno successivo con la Principessa Maria Antonietta di Borbone, nozze da cui nel 1835 nacque Ferdinando, il sospirato erede al trono.
Nel 1839 e nel 1841 Leopoldo II diede il permesso per fare svolgere i “Congressi degli scienziati italiani” a Pisa e Firenze, nonostante le minacce del governo austriaco e le proteste di quello pontificio; nel frattempo il governo granducale pianificava un forte sviluppo della rete ferroviaria, che negli anni successivi avrebbe visto la nascita della “Ferrovia Leopolda” (Firenze-Pisa-Livorno; con la diramazione da Empoli a Siena) e della “Ferrovia Maria Antonia” (Firenze-Prato-Pistoia-Lucca).
Il 18 marzo vide nacquere il primo governo costituzionale toscano, presieduto da Francesco Cempini. Pochi giorni dopo, mentre i due duchi emiliani erano costretti alla fuga dalle insurrezioni, Leopoldo II riannetteva alla Toscana i comuni ceduti in Lunigiana, l’Alta Garfagnana estense e l’ex ducato di Massa e Carrara, le cui popolazioni avevano chiesto di essere toscane, secondo il principio che ogni popolo era libero di decidere la propria sorte.
Quando il Regno di Sardegna dichiarò guerra all’Austria, Leopoldo suscitò la gioia pololare inviando alcune truppe toscane a sostegno dei Piemontesi (29 marzo) e il 26 giugno 1848 inaugurò le assemblee legislative. Dopo la sconfitta di Custoza e l’armistizio di Salasco, chiamò alla guida del governo Gino Capponi, che si insediò il 17 agosto 1848 e restò in carica fino al 12 ottobre successivo, ma di fronte al precipitare della situazione interna, aggravata dai tumulti popolari che scoppiarono a Livorno, e verificata l’impossibilità di formare un nuovo governo moderato, decise di affidarsi ai democratici chiamando al potere il 27 ottobre 1848 Giuseppe Montanelli. Titolare anche del dicastero degli Esteri, con Guerrazzi agli Interni e Mazzoni alla Giustizia, Montanelli, che aveva lanciato l’idea di una Costituente nazionale come via democratica per arrivare all’unità d’Italia, entrò presto in rotta di collisione col granduca, il quale il 27 gennaio 1849 abbandonò Firenze per rifugiarsi a Siena e poi a Porto Santo Stefano. In questa località accettò e rifiutò più volte l’offerta dell’ambasciatore piemontese Salvatore Pes, marchese di Villamarina di riprendere il potere con l’esercito del Regno di Sardegna, fin quando, convinto dalla sua corte a preferire l’Austria, riparò a Gaeta, sotto la protezione di Ferdinando II delle Due Sicilie.
Tornò in Toscana il 23 luglio 1849, dopo la caduta del governo democratico e dopo che un corpo di spedizione austriaco, composto da 15.000 uomini, ebbe vinto le ultime sacche di resistenza a Lucca, a Pisa e a Livorno. Egli si oppose blandamente all’occupazione militare di Firenze da parte degli Austriaci, il cui comandante, però, il 24 maggio 1849 emanò un proclama ai Toscani in cui si affermava che l’intervento militare era stato sollecitato dallo stesso granduca. Con questo atto – e soprattutto con l’occupazione militare che si protrasse fino al 1855 – il governo di Vienna intese affermare il proprio protettorato sul Granducato e aprire un solco profondo fra gli esponenti del liberalismo moderato e Leopoldo II. Questi, dal canto suo, attuò una politica di rigida restaurazione e nel giro di tre anni smantellò l’intero sistema di garanzie costituzionali che era stato edificato prima del ’48.
Gli atti del successivo decennio di governo fecero allontanare sempre di più anche i sudditi più leali. Nell’aprile 1859, nell’imminenza della guerra franco-piemontese contro l’Austria, Leopoldo II proclamò la neutralità, ma ormai il governo granducale aveva i giorni contati: centro operativo dell’imminente colpo di stato che sarebbe avvenuto il 27 aprile era l’ambasciata del Piemonte a Firenze. Cavour aveva inviato nei giorni precedenti circa 80 carabinieri piemontesi travestiti da civili che ad un segnale prestabilito, e divisi in vari gruppetti sparsi in varie zone della città, avrebbero dovuto cominciare ad urlare contro il Granduca e in favore della guerra all’Austria.
Il 27 aprile 1859, rifiutandosi di dare il proprio assenso alla guerra contro l’Austria e di fronte all’aperto rifiuto dell’esercito di obbedire al proprio sovrano, Leopoldo II, per evitare guai peggiori a se stesso e al suo Stato, partì in carrozza da Palazzo Pitti, uscendo per la porta di Boboli, verso la strada di Bologna.
La pacifica rassegnazione al corso della storia e le modalità del commiato, con pochi effetti personali caricati in poche carrozze e con attestazioni di simpatia al personale di corte, fecero sì che Leopoldo riacquistasse l’antica stima da parte dei suoi ormai ex sudditi, venendo spesso salutato con affetto nel corso del viaggio. Alle sei pomeridiane di quello stesso giorno, il Municipio di Firenze costatò l’assenza di qualsivoglia disposizione lasciata dal sovrano e nominò un governo provvisorio. Il figlio ed erede Ferdinando IV salì solo virtualmente al trono e non venne mai incoronato.
Rifugiatosi presso la corte viennese, l’ex granduca abdicò ufficialmente solo il successivo 21 luglio; da allora visse in Boemia, recandosi a Roma nel 1869, dove morì il 28 gennaio 1870, in via delle Tre Cannelle. Sepolto inizialmente nella chiesa dei Sant’Apostoli, nel 1914 la sua salma fu poi trasportata a Vienna per essere sepolta nel mausoleo degli Asburgo, la Cripta dei Cappuccini.