Copia Integrale dal libro Io sono di Livorno e me ne vanto di Claudio De Simoni
Ho avuto la fortuna di conoscere in vita Aldo Melani, un livornese semplice e schietto, come i più del resto, uno che amava la sua città in modo passionale e per quest’amore non avrebbe mai accettato compromessi o paragoni.
Chi era Aldo? Un commerciante…ma soprattutto era il nipote del Papini, ed il Papini chi era?!! Ai più giovani potrei dire: “domandalo al tu’nonno…forse lui lo sà”. Quando non riuscivi ad aprire una porta o un armadietto, oppure un lucchetto ti indispettiva, c’era subito qualcuno che ti sbeffeggiava: “sai ’osa e sei r’Papini”.
Fu Aldo a raccontarmi questa storia.
Natale Papini (1881-1967) era mastro fabbro di grande capacità e abilità nel riprodurre chiavi, sbloccare ogni serratura e addomesticare qualsiasi tipo di cassaforte. Un giorno del 1916 il destino bussò alla porta della sua bottega.
Venne rapinata una banca a Viareggio e gli investigatori presto risalirono al fabbro livornese conosciuto per le grandi capacità come l’artefice della realizzazione delle chiavi usate per fare il colpo. Papini ammise di averle fabbricate, ma non rivelò il nome del cliente che le aveva commissionate, chissà… forse perché neppure lo conosceva o perché…ma non sta a noi indagare.
La legge comunque fece il suo corso e Papini fu rinchiuso per 3 mesi nel carcere dei Domenicani in attesa di essere processato. Questo suo silenzio e ostinazione dettero l’impressione di uomo tutto d’un pezzo…come si diceva una volta, e ciò non passò inosservato, così appena uscito dal carcere fu contattato dai servizi segreti italiani dell’epoca nella persona del questore di Milano.
Ma veniamo ai fatti, si trattava di partecipare ad un piano rocambolesco quanto audace per porre fine ai sabotaggi e attentati austro – germanici contro la flotta navale italiana.
L’avvocato Livio Bini operava già da tempo nel consolato austriaco di Zurigo in Svizzera ed aveva riferito che, rinchiusi in una cassaforte del consolato, si trovavano i documenti con i nomi delle spie e dei loro accoliti, che operavano in Italia.
L’occasione era ghiotta, occorreva qualcuno con grandi capacità nell’aprire porte e casseforti, ma soprattutto sapesse tacere in caso di cattura per non coinvolgere l’Italia in uno scandalo con la neutrale Svizzera. Il Papini fu “ingaggiato”. Non si parlò del contenuto da prelevare, ma tutto quello che di valore ci fosse stato dentro avrebbe costituito il suo compenso. Pochi giorni per le consegne poi Natale Papini, alias Gino Gasparri salì sul treno con destinazione Zurigo.
Mi fermo qui ma di seguito riporto le memorie scritte di Suo pugno il 23 Settembre 1917.
“Livorno li 23 Settembre 1917
Questa carta e tutto il preparativo e l’operazione con tutte le persone nella detta operazione della cassaforte Austriaca di Zurigo Svizzera.
Circa dieci giorni prima di Natale nel 1916 fui chiamato dal Sig. Brigadiere delle guardie della squadra mobile di nome Russo Antonio in casa propria in Piazza S. Pietro e Paolo. Lì trovai altri due signori uno sarebbe il Delegato Filinguelli che sta presso il Questore Falcetano che adesso si trova a Genova. L’altro era l’avvocato Livio Bini che adesso si trova a Como per conto del Ministero della Marina. Allora in casa propria del Sig. Russo Antonio mi fu parlato di aprire una cassaforte.
A questo punto io rifiutai. Allora mi fu detto che questa cassaforte era a Zurigo e che conteneva dei documenti riguardanti l’Italia prendendo questi documenti si scoprirebbe tutti gli attentati che sono stati fatti e quelli che stanno preparando contro l’Italia. Quando lei ha fatto questo ha reso un atto patriottico e sarà ricompensato bene di onori e di soldi. Prima di tutto il valore che trova dentro la cassaforte quello è suo e poi avrà un premio dal Ministero assecondo l’importanza dei documenti che si trova.
E più rende un servizio a l’Italia fate questo di patriottico. Perché a Zurigo in dove si deve andare è un ufficio che rappresenta il consolato Austriaco e in vece è una società di spionaggio segreto e come infatti costatai coi miei occhi che alla porta dell’ufficio del detto si trova una targhetta di ferro smartato con parole tedesche però compresi che diceva consolato Austriaco di Francesco Giuseppe. La porta era bianca con una maniglia nera e due serrature quella di sopra era a cortellacci e quella di sotto era semplice. Questo ufficio si trovava al primo piano.
Entrando per andare in quest’ufficio ci sono due entrature una sulla strada principale e una sulla strada opposta secondaria
però ci sono da tutte e due le entrature il cancello, quello che resta sulla strada principale la mattina quando l’aprono per mezzo di un meccanismo entra dentro il muro sparendo il cancello e la sera quando chiudano col medesimo funzionamento richiudano saltando fori dell’ incastro del muro il cancello.
Da l’altra parte è un cancello usuale con serratura a cortellacci la notte chiudano a chiave e il giorno per entrare e a sentire le persone c’è un nottolino sotto la serratura tirando questo nottolino si apre il cancello e a questo cancello ci feci la chiave per fare il fatto in causa bisognava aspettare che il portiere si ritirasse. Ritirandosi il portiere si chiudeva e noi bisognava avere la chiave per entrare dentro.
Entrai nel cortile a terreno dove sono le scale si trova un usciale a cristalli che divide i due cancelli però questo usciale resta la metà appena che s’entra entrati dentro si trova due branche di scale una a destra e una a sinistra con due ascensori uno da una parte e l’altro da l’altra entrati dalla parte del cancello della via secondaria la branca di scale che si doveva prendere era quella di destra montati al primo piano si trova a sinistra proprio in cima alla scala l’ascensore in facciata una vetrata che c’è un
magazzino di rivendita di camice e biancheria ecc. che corrisponde col magazzino del terreno e dall’altra c’è la porta di questo ufficio del consolato Austriaco ai piedi per montare l’altra branca di scale per andare al secondo piano.
Ora torniamo al principio di quando mi trovo al colloquio col Brigadiere Russo e quei due signori che sopra ho nominati andò col convincermi di fare questa operazione allora rimasi d’accordo che dovevo trovare uno di mia fiducia per fare
l’operazione come infatti trovai un certo Cesarino Rotini che abita borgo Cappuccini Livorno. Pochi giorni prima di Natale sempre nel 1916 il Sig. Russo Antonio mi fece partire per Milano dovendo andare a trovare il Questore Falcetano alla Questura centrale di Milano piazza S. Fedele. Lì trovai il Sig. Questore dove mi fece il medesimo racconto. Allora io dissi va bene ma però questo verrà dopo Natale causa prima dovevo fare le feste in famiglia e mi fu accordato. Fatte le feste tornai di nuova a Milano in dove per mezzo del Questore Falcetano comprai alla fabbrica ossitrica che resta prossima alla fabbrica Colombo che per andare alla detta fabbrica ossidrica si prende il tram vicentino e che la detta tiene la direzione in piazza Castello.
Comprai sotto nome di Gino Gasparri un cannello per taglio di tagliatura autogena due bombolette una di ossigeno e una di gasse acetilene e più due riduttori uno per la bombola dell’ossigeno e l’altro per il gasse pagato e firmato le fatture di mio pugno col nome di Gino Gasparri riferite dal Questore.
Fatto questo acquisto ritornai di nuova a Livorno dove dovevo tornare a prendere questo Rotini Cesare per partire e andare a fare l’operazione come infatti si partì per Milano si andò dal Questore e la sera stessa si partì tutte e due per Chiasso per proseguire per Zurigo rivati a Zurigo si abita all’albergo Papagni dove lì si mangiava perché aveva anche trattoria e dopo pochi giorni per non dare sospetti si cambiò e si tornò all’albergo l’Aeroplano il padrone si chiama Pinotto tengo anche il biglietto da visita del detto albergo. Io e questo mio amico di fiducia siamo stati circa un mese a Zurigo senza concludere niente causa l’altro diceva che non aveva volontà di farlo perché quando è fatto ci tendano un tranello per farci sparire e allora anch’io mi scoraggiavo e fu che non si faceva niente ci fanno rientrare in Italia.
Rivati a Milano dal Questore ci rimproverò dicendoci che non si sarebbe creduto mai che ni si fosse fatta un’azione come quella. E io gli risposi spiegandoli le circostanze come erano e ero sempre del medesimo sentimento purchè loro non m’avessero tradito. E loro mi giuronno di si e allora l’altro lo fecero partire subito per Livorno licenziato e io lì per rimanere d’accordo ma lindomani partii anch’io per Livorno in attesa della chiamata causa che a me avevano perso un poco di fiducia trovarono un meccanico a Milano certo Bronzini Remigio per fare la chiave del cancello della porta dell’ufficio. Io ero a Livorno dopo circa quindici giorni mi manda a chiamare il brigadiere Russo dicendomi alle tre fossi a casa sua lì trovai il Signor Aloisi genero del conte larderello e ora si trova a Berna all’ambasciata Italiana.
E mi disse di stare pronto per la partenza e dopo domani mi trovasse al medesimo appuntamento in casa del Russo. Allora dopo lindomani mi trovai di novo al medesimo appuntamento e venne il medesimo Aloisi in dove mi disse di procurare un carburatore e l’altra roba che mi occorre.
Mi feci dare £ 100 per fare questo acquisto di quello che dovevo comprare. Feci fare un carburatore di lamiera zingata con rubinetti di ottone e le feci fare da un certo Fabio Frosoni che ha il negozio in via del Leone di stagnaio. E più comprai metri 6 di incerato nero per fare una specie di gabina per quando faccio l’operazione della cassaforte per impedire che trapelasse la luce della fiaccola autogena perché a questo ufficio c’era la vetrata come infatti a Zurigo e tutte vetrate; e circa quindici metri di tubo di gomma con tela da Rocco Livorno.
Fatto questo acquisto tornai a Milano il Questore pensò a fare partire la roba per Zurigo, e più comprai un’altra bombola di
gasse acetilene di riserva e andetti dalla medesima fabbrica Ossigena come sopra ho notato, e non ne aveva e mi mandarono alla bovisa(?) alla società di illuminazione e lì feci acquisto di un’altra bombola di gasse acetilene col nome di Gino Gasparri.
Spedito la roba a Zurigo io aspettavo la risposta di partenza ed abitavo all’albergo via Agnello chiamato Lombardia sotto il nome di Gino Gasparri. Aspettai qualche giorno e poi un giorno il Questore Falcetano mi annunziò di partire per Zurigo con passaporto a nome Gino Gasparri e mi fecepassare questa volta da Iselle la parte di Domodossola sbagliai invece di cambiare treno a Briga proseguii e andetti a Lusana come infatti tengo una cartolina mandata da Lusana lindomani partii per Zurigo rivato a Zurigo trovai l’avvocato Livio Bini e il meccanico Remigio Bronzini li dissi le chiavi sono state fatte? N’ho fatte una quindicina ma nessuna apriva. Allora io dissi dopo 21 giorni non avete concruso niente e il Questore mi ha detto che era tutto pronto e invece se le volevo le chiavi bisognava che le facessi io.
Allora dentro di me dissi il Sig. Aluisi mi ha detto che era un meccanico che passava anche me ma io li risposi al Sig. Aluisi che dei Papini in Italia ce n’era uno solo per fare questo.
Lindomani mi messi all’opera e dentro 8 giorni feci le chiavi però in questi giorni io prendevo tutte le misure e le prove sul posto per fare le chiave il Bronzini Remigio li ordinavo il lavoro che doveva fare per acquistare le chiave e lui le andava ha fare tutti i giorni in casa del consolato Italiano nel corso di questi giorni tutte le sere avevamo l’appuntamento ai giardini e c’era l’avvocato Bini, il Bronzini il Tanzini e in più un ingegnere che
non so come si chiama mi dissero che era un ‘ingegnere di personale snello portava cappello duro ma il nome non so.
Quando furono fatte tutte le chivi una sera si ebbe l’appuntamento da un’altra parte meno pratica passata la linea della ferrovia dove c’era un torrente d’acqua da una parte e dall’altra un argine non passavamo in du viottolo lì c’erano tutte le persone come sopra nominate in più c’era il Sig. Aluisi allora il Sig. Aluisi mi prese me e mi disse che stasera bisognava fare il corpo e io gli risposi che non si poteva causa bisognava ritoccare la chiave di sotto. Aluisi mi riprese bisogna farlo stasera sennò domani bisogna che tornate in Italia. Mi dica cosa vole io gli do tutto quel che vole l’esonero i soldi tutto quello che vole gli do pur di farlo e poi facendolo lei fa buona figura io lo stesso mentre tornando indietro così senza fare niente si fa brutta figura e lei và in trincea mentre resta a nostra disposizione escruso dal servizio militare.
Io gli risposi che non pretendo niente io lo faccio per bene nostro perché sono Italiano ma i premi che ci sono dentro mi aspettano. Aluisi accordò ma volle a qualunque costo fosse fatto la sera stessa. Io dissi va bene andiamo Aluisi partì e noi s’andò all’operazione. Io Tanzini il Bini, Bronzini s’andò a fare l’operazione e fori a guardare se c’era qualche sospetto ci rimase quel ingegnere che sopra ho nominato e altri due che mi dissero erano due ufficiali di Marina ma non so come si chiamano? Ma andati e aperte le serrature ma causa che quella di sotto non era completata e non aprì bisognò richiudere e venire via e contentarsi di non avere fallito.
Allora visto che il coraggio c’era l’affidonno a me e io li dissi che fra tre giorni era fatto tutto e pulito senza nessuno s’accorga niente però lasciatemi fare e come infatti non mi dissero più niente. Aluisi non c’era più l’ingegnere partì e restò a nostra disposizione e io dovevo scegliere il giorni di farlo tutto era pronto. Ma io non volevo fare sapere il giorno preciso che lo facevo causa che non mi fidavo del Bini perché il Bini e era in relazione con questa società di spionaggio segreto.
E io lindomani detti ordine che fossimo pronti per fare l’operazione causa che l’ultimo giorno di carnevale tutti sono in festa e noialtri si fa la festa. Alle 9 e cinquanta s’entrò dentro l’ufficio con tutti i nostri strumenti come sono fotografati sulle carte che ha mandato la Svizzera. Quei guanti che ci sono li avevo sul momento dell’operazione e c’era due sacchetti con locchetto uno rimase sul posto e l’altro lo posseggo io.
Entrai dentro io Bini, Tanzini, Bronzino sul posto d’operazione e quei due ufficiali erano fori che questi con tutto il suo coraggio andarono a dormire e la mattina bisognò andarli a chiamare ed erano bianchi dalla paura come due cataveri. Ma però ho saputo che hanno preso il titolo di cavaliere e nominati consoli di 2° classe. Io piazzai tutti i nostri ordigni e sotto all’operazione appena attaccata la cassaforte e sfondata mi sortiva un gasse che mi affogava non potevo resistere affogai per più di mezzo minuto non resistevo ma io mi piccai e vorsi portarla in fondo a costo della vita e ci misi circa sette ore ma ebbi vittoria tagliai dalla serratura due lame di sette millimetri e più dentro la cassaforte aprii altri due cassetti e levai tutti i documenti e Tanzini e Bini li mettevano dentro le valige e più costatai due sacchetti di pezzi da lire venti di 250 duegentocinquanta pezzi per ciascuno in oro 4700 quattromila settecento lire svizzere 12500 dodicimila cinquecento lire austriache carta cinque cartocci con vari sparti
pezzi da lire venti oro e della carta americana ma poca e più c’era vari spicciolami dei cartocci di centesimi e due croci d’oro con astuccio date da Francesco Giuseppe dei braccialetti oro degli anelli con brillanti e degli orecchini brillanti e perle.
Fatte le valige la mattina si sortì alle quattro e s’andò alla stazione. E l’operazione fu fatta l’ultimo giorno di carnevale la notte del 25 – 26 la mattina del 26 alle quattro e mezzo eramo sotto la stazione di Zurigo e partì col primo treno che faceva un’altra linea per portare via le valige per portalle all’ambasciata Italiana a Berna il Bronzini il Tanzini e quei due ufficiali di marina ed il Bini andò a dormire perché stava a Zurigo e per non dare sospetti e io partii col treno delle sette e presi il biglietto di terza fino a Domodossola e le posseggo tuttora e a Berna montò anche il Bronzini che si fece il viaggio fino a Milano insieme.
Intanto io e il Bronzini si aspettava a Milano le valige coi documenti che dovevano portalle dalla Svizzera per corriere dopo circa cinque giorni venne alla Questura centrale di Milano dal Sig. Cavaliere Marra perché il Questore era trasferito a Genova.
Venne Aluisi Cafiero e il Bini e più le valige per portarle a Roma e lì Aluisi mi fece i complimenti perché avevo fatto un atto patriottico e mi dettero duemila lire dicendomi che fra tre giorni mi avrebbero mandato altre trentamila lire e l’esonero a disposizione della marina e più guadagnerà sempre dell’altri soldi e come infatti dopo pochi giorni in casa del brigadiere Antonio Russo fui chiamato e c’era un carabiniere e un Maresciallo dei Carabinieri e mi consegnarono lire trentamila e un documento che firmai io Russo e i due carabinieri che dicevo. Io sotto scritto dichiaro di aver ricevuto dal signor Quido Cafiero la somma di lire trentamila per documenti venduti. E più un altro documento per me che era l’esonero che diceva. – Ufficiale capo stato maggiore della marina si certifica che il sig. Natale Papini già riformato della classe 1881 è stato posto da ministero della guerra a disposizione della R. marina per servizi speciali. – Roma li tanti 1917.
Contro Ammiraglio – Sotto Capo di Stato Maggiore- firma dell’ammiraglio e timbro.
Circa 5 mesi dopo del fatto mi mandano a chiamare a Genova dal Questore Falcetano e sotto il pretesto di rinnovare il documento che avevo mentre quando fui a Genova mi dissero che io sarebbe meglio che io mi presentasse al distretto io protestai perché non erano quelli i patti ma mi feci convincere ma però anche accettai per vedere a che punto rivavano e m’avevano tirato il corpo per mandarmi al fronte per farmi sbarazzare.
Io me n’accorsi protestai allora mi dettero l’esonero per il Cantiere S. Giorgio a Sestri Ponente ma però anche lì fui avvertito da persone che comandano dello stabilimento che tendevano un tranello su di me per mandarmi al fronte.
Qui finisce il racconto di tutto il memoriale. Le persone che presero parte a questa operazione sono queste sotto scritte.
Natale Papini operatore principale per aprire la cassaforte le chiave e preparare tutto il lavoro. Avvocato Livio Bini per dare tutte le indicazioni di quella società e venne sopra anche al
momento dell’operazione. Stenos Tanzini è stato sul posto al momento dell’operazione per mettere i documenti insieme col
Bini dentro le valige. Remigio Bronzino è stato sul posto sul momento dell’operazione a disposizione mia per dare la pressione dell’ossigeno. E più quei due ufficiali di marina dice ma non so? Per dare i segnali a noi ma invece con tutto il loro coraggio andarono a dormire.
E Aluisi genero del conte larderello e l’altro ingegnere che non so come si chiama non c’erano erano partiti. Le persone che presero parte sul principio che poi funno licenziate sono queste Cesarino Rotini di Livorno. Arrigo Cocca svizzero che ora si trova a Torino a lavorare in una fabbrica per motorista lui venne a Zurigo per mandare una automobile che l’avevano procurata per l’operazione ma creò dei sospetti allora pensonno di fare senza automobile e questo Arrigo dovette tornare in Italia perché era disertore svizzero.
Fine della lettera di Natale Papini
N.B. Sul testo originale ogni facciata di pagina è firmata Natale Papini.
L’amico Aldo, a tutto questo, aggiunse anche altri aneddoti che nonno Natale gli aveva raccontato. Solo pochi tra questi ricordi, ad esempio quando il gas uscì dalla cassaforte appena aperta: “Papini bagnò la “pezzola” che teneva in tasca con l’acqua residua di un sottovaso per fiori, si coprì naso e bocca per resistere, poter respirare e continuare a lavorare. Oppure quando giunti alla stazione di Zurigo, con le valige cariche di documenti ed altre cose preziose, una di queste si aprì e con estremo sangue freddo ci mise un ginocchio sopra e si fece aiutare a richiuderla da un poliziotto di ronda, che intanto era sopraggiunto, o ancora dei preziosi e della collezione di francobolli che scoprì in uffici dove si recò per dar voce alla sua protesta e che lui ricordava aver trovato all’interno della cassaforte”. E poi…troppo spesso i romanzi, i film di narratori all’arrembaggio hanno dato un immagine distorta del Papini, facendolo passare per un volgare scassinatore od un malvivente prezzolato. Altri…non hanno mantenuto le promesse fatte, altri hanno speculato sul suo coraggio, non ha avuto nè compensi né benemerenze, addirittura vecchio, povero e malato gli fu rifiutata una misera pensione. Ma pure la sua Livorno non è stata da meno, vie intitolate a “tutti” magari a insignificanti personaggi, o fatti d’altri tempi per accontentare questa o quella parte politica. Mentre non c’è una targa che ricordi questo eroe di casa nostra.