PESCATORE DI CORALLO

L’attività consisteva nella pesca del corallo dalla barca. Già alla fine del ‘500 alcune barche di corallai marsigliesi e genovesi operavano nelle acque dell’isola di Gorgona, all’isola del Giglio e lungo la costa sotto Montenero. Aneddoto: nel 1605 il corallaio Giò Galone operava a Livorno e qui aveva accumulato per i vari suoi vizi un cospicuo debito con il pesatore pubblico Alessandro Cascinai, non potendo assolvere all’impegno, venne arrestato.


Le barche corallaie o coralline pescavano e sbarcavano il corallo nel porto di Livorno per le industrie della città e anche per quelle di Pisa, su concessione del G.D. l’alta resa della pesca ed i buoni profitti inducevano molti a intraprendere questa attività tanto che nei primi anni del ‘700 si dovette intervenire per regolamentarla, specie quella in Gorgona, permettendola anche a pescatori Gigliesi e Napoletani in un rapporto di 50 contro i 150 Livornesi.


Anche i pirati saraceni si interessavano al ricco bottino e spesso assalivano le barche di ritorno dalla pesca.

L’abbigliamento era quello classico da marittimo o pescatore, con “l’ordigno”, ossia una crociera in legno con 4 pezzi di rete ai bracci, una cima per calarlo e issarlo, ed un’altra con la palla di zavorra all’estremità per lo strascico.

Purtroppo non ci rendeva conto che il sistema di pesca rovinava gli organismi, e che non ricrescevano più.