SALVINO SALVINI

Salvino Salvini (Livorno, 26 marzo 1824 – Arezzo, 4 giugno 1899) è stato uno scultore italiano.

Nonostante che il padre volesse indirizzarlo a studi classici, Salvini manifestò non più che dodicenne la propria vocazione artistica dopo aver ammirato la statua di Galileo di Paolo Emilio Demi, ottenendo così di poter frequentare dal 1838 la livornese Scuola gratuita di disegno e di architettura di Carlo Michon, dove mise a punto le sue prime prove: una copia in creta di una testa di Cicerone, una mano modellata in creta, e un rilievo di Alcibiade alla battaglia di Potidea.

Nel 1840 venne ammesso all’Accademia di belle arti di Firenze, dove per nove anni fu allievo di Lorenzo Bartolini.

Nel 1843 vinse il concorso per il bozzetto d’invenzione in creta con Rebecca che asseta Eleazaro, nel 1846 risultò vincitore (ex aequo) del concorso triennale per un bassorilievo d’invenzione con Cristo e l’adultera, e nello stesso anno ebbe l’incarico di «modellare» le statue dell’Ammiraglio James Bart per il viceré d’Egitto.

Nel 1849 vinse il pensionato quadriennale a Roma assieme al pittore Antonio Puccinelli, compagno di studi e amico fraterno, al fianco del quale avrebbe recepito a Firenze le prime novità ‘macchiaiole’ del Caffè Michelangelo, da entrambi frequentato negli anni Quaranta e Cinquanta.

Prossimo al concludersi del pensionato romano, Salvini ottenne nel 1852, grazie a Tenerani e a Giovanni Rosini, la nomina a professore di ornato e modello all’Accademia di belle arti di Pisa. Nonostante che dovesse finire di assolvere gli obblighi contrattuali di Firenze, ebbe il beneficio di conservare l’assegno della pensione accademica fino al termine del quadriennio, facendo pervenire nel 1854 l’ultimo saggio previsto, la perentoria figura dell’Omero che canta al popolo la morte di Patroclo.

Durante il soggiorno pisano Salvini ottenne la nomina a ispettore alle esportazioni dal Granducato toscano per conto delle Gallerie fiorentine per il compartimento pisano e livornese. Per le sue evidenti doti di perito venne poi chiamato nel 1855 per valutare l’autografia canoviana del busto di Calliope, mentre nel 1875 rivendicò l’attribuzione, allora accolta da molti, di un presunto S. Giovannino di Michelangelo di proprietà di Ludovico Rosselmini Gualandi.

Una svolta importante per la sua carriera fu la nomina nel 1861 a professore di scultura all’Accademia di belle arti di Bologna: qui ritrovò l’amico Puccinelli, anch’egli chiamato in Accademia, alla cattedra di pittura, per rinnovare la scena locale.

Passata agli onori delle cronache fu poi l’impresa del colossale gesso di Vittorio Emanuele II a cavallo (1860-68), che allo scultore procurò notorietà ma anche amarezza per la mancata traduzione in bronzo. L’imponente statua alta otto metri venne esposta presso le sale accademiche nel 1867 e lo scultore insignito dal re della croce dei ss. Maurizio e Lazzaro. La statua fu poi trasportata da Bologna a Firenze nell’aprile del 1868 e, dopo l’esposizione al pubblico giudizio nel piazzale Vittorio Emanuele, fu smontata e ricoverata, prima nel salone del palazzo delle Esposizioni di Porta al Prato, e poi nel 1890, a pezzi, presso il magazzino centrale dei Telegrafi, per ordine del ministero della Pubblica Istruzione. Dopo ciò non se ne ebbero poi più notizie, e al suo posto venne fuso il modello di Emilio Zocchi.

Afflitto nel 1890 da una progressiva paralisi, Salvini fu costretto a interrompere l’insegnamento e il lavoro. Un decreto reale del 5 marzo 1893 lo collocò a riposo, e il 29 agosto si trasferì ad Arezzo, dove morì il 4 giugno 1899.